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La grande mostra dedicata a Marion Baruch a cura di Sergio Risaliti e Stefania Rispoli
«Nata tra le due guerre, nel 1929, a Timisoara, Romania, non più Temesvàr, Ungheria. Sono nata molto vecchia per ringiovanire vivendo. Ora posso dire che sono giovane».
«Per me il tessile è un qualcosa che vive e palpita, ne sento l’ineffabilità del respiro o il suo flusso, un flusso continuo che è anche quello dell’intera società, riflette la storia dell’umanità e, allo stesso tempo, la dimensione sociale del lavoro».
Un passo avanti tanti dietro è la più ampia retrospettiva di Marion Baruch (Timisoara, 1929) in un’istituzione italiana e renderà omaggio a un’artista instancabile e cosmopolita, nata in Romania ma vissuta tra Israele, Francia e Italia.
L’esposizione consentirà di ripercorrere la sua intensa attività, quasi settanta anni segnati da continui cambiamenti di rotta e nuove avventure, grazie alla presenza di opere emblematiche del suo poliedrico percorso, dai primi lavori della fine negli anni Cinquanta alle collaborazioni con designer come Gavina, dalle sculture performative alla nascita di NAME DIFFUSION, dalle opere partecipative fino ai lavori in tessuto realizzati dopo il duemila.
Sostenitrice di un’idea di autorialità libera priva di costrizioni e di un’arte sempre vicina alla vita, Baruch si è mossa con disinvoltura tra media, materiali e discipline diverse, dalla moda al design, alle arti visive, portando avanti un approccio unico al formalismo. I suoi lavori sono densi di riflessioni attorno alla creazione artistica ma anche alle politiche sociali: il linguaggio, il lavoro, la migrazione, il confine dell’identità, la donna, il patriarcato, internet e la società dei consumi.
Ampio spazio verrà dato ai lavori in tessuto nati dall’interesse per l’uso di scarti di sartoria e residui di lavorazioni tessili. A metà tra sculture, installazioni e ready-made, i tessuti sono reinterpretati attraverso un approccio emotivo che crea opere che abitano lo spazio. Baruch seleziona e accuratamente posiziona negativi di ritagli d’abiti in cui talvolta pare di scorgere l’assenza di una manica o della gamba di un pantalone. Il riconoscimento del loro precedente utilizzo lascia presto spazio a una nuova vita come opere d’arte.
La mostra sarà accompagnata anche dalla proiezione del documentario di Francesca Molteni dedicato all’artista.
Gli scarti tessili sono reinterpretati attraverso un approccio emotivo che crea opere che abitano lo spazio.