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In occasione delle celebrazioni per il Giorno della Memoria 2020, dal 27 gennaio al 23 febbraio, il Museo di Palazzo Vecchio accoglierà nella Sala dei Gigli l’installazione Il Muro Occidentale o del Pianto di Fabio Mauri, un progetto Museo Novecento OFF ideato e curato dal direttore artistico del Museo Novecento Sergio Risaliti.
Fabio Mauri (Roma 1926 – 2009), protagonista del ciclo Solo al Museo Novecento (dal 24 gennaio al 30 aprile 2020) e tra i maggiori esponenti delle neoavanguardie del secondo Novecento, ha a lungo affrontato nella propria parabola creativa i percorsi delle ideologie e il tema della memoria, interrogandosi sul ruolo del “male” nella storia dell’umanità.
Lunedì 27 gennaio alle 13.00 in Sala dei Gigli a Palazzo Vecchio è prevista l’inaugurazione dell’installazione alla presenza degli assessori del Comune di Firenze Tommaso Sacchi, Sara Funaro e Alessandro Martini e del direttore artistico del Museo Novecento Sergio Risaliti. A seguire un breve talk del professor Giacomo Marramao, filosofo legato all’artista romano da una lunga amicizia, dal titolo L’orrore della shoah nell’arte di Fabio Mauri.
“Se non esistesse il dolore – affermava Mauri – da tempo il linguaggio avrebbe cessato d’esistere”.
L’installazione Il Muro Occidentale o del Pianto è un muro di quattro metri, formato da un cumulo di valigie e bauli accatastati in modo ordinato, di differenti dimensioni e materiali (legno, cuoio, tela). Fu presentata per la prima volta da Mauri nel 1993 alla XLV Biennale di Venezia. In seguito è stata installata nel 2011 al MAXXI di Roma e di nuovo a Venezia alla Biennale del 2013. Di forte impatto, richiama i temi dell’esilio, dell’esodo forzato, delle migrazioni, restituendone varietà e complessità.
Se da un lato il muro è uniforme e regolare come una vera parete, dall’altro lato si presenta sconnesso e a volumi variabili richiamando, secondo l’artista “la composizione moderna delle trasmigrazioni” che “Dettate da numerose cause si presentano eccessivamente enigmatiche per essere subito composte e decifrate”. “Negli anfratti del “Muro Occidentale o del Pianto”, gli Israeliti infilano biglietti di carta con preghiere: relativi a l’anima, gli affetti, ai corpi, al come vivere la vita sulla terra – concludeva Mauri nel testo di accompagnamento all’installazione -. Li ho simulati in un unico rotolo di tela. Una sorta di preghiera dell’arte. Il Muro è il luogo, dicono gli Israeliti, dove Dio senz’altro ascolta: è il luogo del valore, quindi. Vi cresce anche una pianta, segno di un proseguimento di esistenza frammista che le pietre mute e squadrate o le valige vuote e inerti nemmeno loro possono impedire”.