Quando e dove
La rassegna video “Il corpo è un indumento sacro” ideata da Beatrice Bulgari per In Between Art Film e cura di Paola Ugolini, per la nuova sala cinema del Museo Novecento (al primo piano) mette al centro il corpo umano come fil rouge che unisce i lavori di otto artisti internazionali: Masbedo, Anahita Razmi, Lucy Harvey, Damir Ocko, Silvia Giambrone, Marzia Migliora, Alessandro Piangiamore e Marinella Senatore.
Nei film d’artista selezionati – che verranno proiettati uno dopo l’altro, a ciclo continuo, in questo nuovo spazio rialleastito – il corpo indagato non è solo fisico, ma anche mentale, “un corpo che è la misura del nostro esistere in questa dimensione terrena – spiega la curatrice -, un corpo talvolta negato o rappresentato soltanto da un particolare anatomico che diventa metafora di più complessi scenari esistenziali”.
Si tratta del primo appuntamento di un ciclo biennale nato dalla collaborazione tra il Museo Novecento e Beatrice Bulgari.
1. Until the end – Masbedo
Il duo di video-artisti italiani Masbedo (Nicolò Massazza – 1973, Milano e Jacopo Bedogni – 1970, Sarzana) con l’opera Until The End (2011) incominciano un nuovo ciclo tematico, non più narrativa, non più lotte estenuanti per affermare la propria umana individualità, ma la presentazione, grazie ad una sola immagine in movimento, di un messaggio universale che gli artisti hanno definito “condanna” o “sentenza per la grandezza”. Su uno sfondo nero una ballerina lotta contro la forza di gravità cercando di sollevarsi dal suolo. Il video mostra solo il dettaglio dei suoi piedi nudi mentre cerca di sollevarsi sulle punte. Questo gesto, in fondo molto primitivo, da un lato simbolizza l’elevazione fisica ma è anche una possibile metafora del superamento delle barriere sociali.
2. Anahita Razmi – Middle East Coast West Coast
Di madre tedesca e padre iraniano Anahita Razmi, vive e lavora ad Amubrgo ma ha un rapporto speciale con il paese di origine di suo padre come si evince dal video Middle East Coast West Coast (2014) in cui l’artista ripropone la video intervista “East Coast West Coast” del 1969 di Nancy Holt e Robert Smithson.
3. Lucy Harvey – Guide to Life III (b) Productive Living (Emotional Well-Being) 4. Entertainment Strategies for Those Living Alone
L’inglese Lucy Harvey (Nantwich, 1967) in “Guide to Life III (b) Productive Living (Emotional Well-Being) 4. Entertainment Strategies for Those Living Alone” (2000) filma il suo dito indice mentre percorre i contorni di una stanza, dal soffitto al pavimento. L’artista nella sua ricerca mette spesso in scena la condizione umana attraverso l’uso di azioni o di materiali non convenzionali.
4. Damir Ocko – DICTA II
Il lavoro di Damir Ocko (Zagabria, 1977) è un invito ad esplorare la complessità del linguaggio e il modo in cui il sistema neurofisiologico riesce a crearlo in maniera così poetica. I suoi lavori oscillano fra desiderio e privazione, realtà e finzione. Nel video DICTA II l’artista esplora il concetto di nonsense attraverso la lettura di una serie di parole “salvataggio” dette “safewords” collezionate in svariati Forum BDSM. BDSM è l’acronimo per Bondage, Dominazione (o Disciplina), Sadismo, Masochismo e indica una vasta gamma di pratiche relazionali e/o erotiche che permettono di condividere fantasie basate sul dolore, il disequilibrio di potere e/o l’umiliazione tra due o più partner adulti e consenzienti che traggono da queste soddisfazioni e piacere. Enunciate con un tono di voce incolore e privo di pathos questa parole formano una specie di dizionario distorto organizzato secondo un metodo criptico ma che imita l’architettura di un linguaggio privo di senso.
5. Silvia Giambrone – Sotto Tiro
La giovane Silvia Giambrone (Agrigento, 1981) nei suoi lavori prende ispirazione dalla propria vita, non cerca risposte ma pone molte domande e le interessa la violenza. La violenza come rituale domestico. Qualcosa di così interno al tessuto della vita da non essere più riconosciuta come violenza. Silvia è interessata ai punti di frizione potenti, ma sotterranei, che tendono a sfuggire e quindi a diventare insospettabili. Nel video Sotto Tiro (2011) l’artista, inquadrata dalle spalle in su, davanti a un fondo neutro, è colpita da un puntatore laser che le scorre sul viso e sul decollete senza darle un momento di tregua.
6. Marzia Migliora – Forever Overhead
Un corpo atletico, anche se non più giovane, è il protagonista del video di Marzia Migliora (Alessandria, 1972) Forever Overhead (2010) in cui la macchina da presa si concentra sui movimenti perfetti di un tuffatore che in piedi sul trampolino si lancia incurvandosi verso lo specchio d’acqua sottostante disegnando una parabola curva, che nella sua ascesa/discesa, metaforicamente allude al ciclo completo di una vita che nascendo compie una parabola destinata inevitabilmente a concludersi.
7. Alessandro Piangiamore – Around an empty shell
Per Alessandro Piangiamore (Enna, 1976) qualsiasi spiegazione delle sue opere potrebbe limitarne le potenzialità evocative, il lavoro è fatto di immagini e, come dice l’artista “le immagini sono per loro natura difficili da comunicare”, sono come dei “presagi” che possono solo essere evocati. Nel video “Around an empty shell” (2014) la camera inquadra in primo piano le mani dell’artista che tengono una conchiglia dalla superficie madreperlacea che viene grattata senza soluzione di continuità con un coltellino a serramanico. Quest’azione, probabilmente priva di senso ma impegnativa fisicamente, rientra nell’ inafferrabile cammino mentale che caratterizza la pratica artistica di Piangiamore.
8. Marinella Senatore – The school of narrative dance Ecuador
L’arte di Marinella Senatore (Cava dei Tirreni, Salerno,1977) è totalmente relazionale infatti, da sempre, questa artista globe-trotter lavora a contatto con intere comunità che diventano le protagoniste del processo creativo. Nei progetti di Senatore chiunque può partecipare, utilizzando le piattaforme create dall’artista in molteplici modi, riformulando il ruolo dell’autore e quello del pubblico. Nel 2013 l’artista fonda The School of narrative dance, focalizzandosi sull’idea che lo “storytelling” sia un’esperienza da poter indagare coreograficamente, attraverso un insegnamento privo di gerarchie, con l’intento di creare vere e proprie comunità usando un metodo didattico totalmente libero e non non schematizzato. La Scuola che è nomade e gratuita si trasforma a seconda degli spazi che temporaneamente occupa, proponendo un sistema educativo alternativo, basato sull’emancipazione, sull’inclusione e sull’autoformazione.